Church of St. Anthony Abbot (Chiesa di Sant'Antonio Abate)
Le origini della chiesa
Il Paese di Aramengo appare al visitatore dolcemente disteso sulla cresta di un anfiteatro naturale, dominato dalla maestosa figura della Chiesa Parrocchiale di San Antonio Abate.
L'edificio poggia su di un alto sagrato che ne esalta la monumentalità e il colle retrostante, con le sue aspre e verdeggianti forme, ne costituiscono lo sfondo ideale.
Le sue forme tardo barocche, dolci e inquietanti nel contempo, ne fanno un monumento unico nel suo genere, frutto del genio dell'architetto Gioanni Maria Molino di Asti, che realizzò il progetto nel 1769.
La Comunità desiderava infatti, già dal 1730, dotarsi di una nuova Chiesa Parrocchiale ma l'impresa si presentò subito assai complessa, alle difficoltà per l'ottenimento delle autorizzazioni, da parte della Curia e del Real Senato, si aggiungeva il pesante impegno economico non certo sostenibile dalla Popolazione, e così per otre vent'anni questo sogno rimase nel cassetto!
Il progetto riprese un decisivo impulso con l'arrivo ad Aramengo del nuovo Parroco, Don Guglielmo Sarboraria di Cocconato, che seppe ideare un "Piano" per ottenere la copertura delle spese, pianificandole in dodici anni, che era il tempo stimato per il completamento della Chiesa.
Tutti i "Capi di Casa" si impegnarono a lavorare gratuitamente al cantiere per 5 giorni feriali all'anno, garantendo i trasporti di tutti i materiali, mentre le donne erano impegnate a filare almeno mezzo "rubbo" di canapa all'anno a beneficio della Chiesa.
Il risultato finale premiò l'audacia e la perseveranza della Popolazione che, dopo tredici anni , l'otto dicembre del 1804 vide celebrata la prima messa e l'Arcivescovo Giacinto della Torre, duecento anni fa, la consacrò. Era il 18 giugno del 1809!
Oggi, a distanza di tanto tempo, la Chiesa appare ancora in tutto il suo splendore, le sue armoniose ed eleganti forme esterne si fondono con l'interno dove, varcato il portale, il visitatore è rapito da un ambiente ricco e raffinato, dove nulla manca e nulla e di troppo, un mirabile equilibrio di forme e colori dove le vivaci pitture, i pregiati marmi e le ricche suppellettili sono immerse in una calda atmosfera, resa dorata dalla luce opalescente che filtra dai grandi finestroni.
Descrizione del monumento
L'edificio, interamente realizzato in mattoni a vista, poggia su di un alto sagrato che ne esalta la monumentalità e il colle retrostante, con le sue aspre e verdeggianti forme, ne costituisce lo scenario naturale più adatto.
Immediatamente colpisce la tridimensionalità scenografica dell'insieme, nulla è lasciato al caso, anche le parti defilate e meno visibili, denotano una cura progettuale non indifferente.
La facciata è scandita verticalmente in tre settori, delimitati da elaborati cornicioni in mattoni e lastre di pietra, ed è arricchita con statue e fiaccole in cotto.
Verso l'alto è terminata da un elegante frontone triangolare, sormontato dalla croce. Il settore mediano ospita al centro una raffinata apertura ovale coronata da una ricca cornice, mentre lesene e paraste angolari delimitano il resto della superficie. Sui lati due eleganti contrafforti fungono da collegamento con il settore inferiore, più ampio e impostato intorno all'apertura centrale.
Il grande portale, che conserva gli infissi originali, si apre su di una bella scalinata ellittica, ed è arricchito da una cordonatura tonda e da una serie di cornici più esterne, che si innestano superiormente nel ricco timpano centinato.
La parte centrale della facciata è delimitata lateralmente da paraste e colonne, terminate con capitelli di ispirazione ionica, mentre le parti laterali, rientrate rispetto quella centrale, creano una piacevole modulazione dell'insieme, alleggerito anche dalla presenza di due eleganti finestroni.
I fianchi si presentano strutturalmente simili, se si esclude la presenza della torre campanaria e del corpo della sacrestia, addossati a quello occidentale. Le murature appaiono piacevolmente movimentate da quattro corpi aggettanti, ospitanti altrettante cappelle all'interno della chiesa, mentre la parte superiore, notevolmente rientrata, presenta tre grandi finestroni leggermente centinati. Due porte, una per fianco, costituiscono gli accessi secondari, quella a occidente risulta murata da molti anni, ma conserva inalterata la ricca decorazione.
L'alto campanile a sezione quadrata, fu realizzato in due momenti differenti e ultimato nel 1826. Il suo sviluppo è scandito da sei marcapiani, l'ultimo, maggiormente pronunciato, delimita la parte terminale e la cella campanaria, arricchita in facciata da pronunciate lesene angolari multiple e da quattro grandi arcate che consentono la vista delle campane. Un elaborato cornicione composito, in pietra e mattoni, delimita la sommità della torre, coronata da una elegante balconata e dalla raffinata copertura in metallo.
Entrando nella chiesa dalla porta principale, il visitatore gode appieno della calda ospitalità che riserva questo sacro edificio: pitture, marmi e arredi, sapientemente creati nel tempo, non per stupire, ma per accompagnare l'animo umano alla meditazione e alla preghiera.
L'interno, ampio e raffinato, presenta un'unica aula centrale, terminata dalla zona absidale semiellittica che ospita il presbiterio, mentre sui lati si aprono quattro cappelle, due per parte.
Il monumentale alzato presenta una volta a botte, con quattro lunette in prossimità delle finestre, sostenuta da possenti pilastrature con lesene e capitelli in stucco dorato.
L'ambiente è dominato dalla pregevole mole dell'altare maggiore, ricco di antichi marmi provenienti dalla distrutta Certosa di Valmanera in Asti. In alto il catino absidale presenta "L'Incoronazione di Maria Vergine" e negli spicchi tra le finestre, sono rappresentati i quattro Evangelisti.
L'importante programma pittorico che interessa tutto l'edificio, è opera di Giacomo e Enrico Canova, che operarono tra il 1886 e il 1888.
La quadreria comprende importanti opere di buon livello, alcune provenienti dalla vecchia chiesa parrocchiale sul colle: sull'altare maggiore è visibile la preziosa tela, attribuita a Charles Dauphin, "Le Tentazioni di San Antonio Abate", ascrivibile alla seconda metà del 1600.
Sugli altari delle cappelle laterali sono visibili altre opere provenienti dalla antica chiesa, tra queste una "Crocifissione" e un " San Sebastiano. Altre opere di minor pregio raffigurano la " Madonna del Rosario" e "San Giuseppe morente".
Il Coro, dietro l'altare maggiore, fu realizzato nel 1854 su disegno dell'allora parroco Don Domenico Ramello. L'insieme, sobrio ed elegante, è costituito da una fila continua di stalli addossata alla parete curva dell'abside, interrotta da lesene con elaborati capitelli e raccordata in alto alla sontuosa cornice, sulla quale poggiano sculture lignee rappresentanti vasi con fiaccole.
Al centro, sopra l'elegante sedile con braccioli, la cornice è interrotta da una lunetta che ospita la scultura di due volti angelici. Una seconda fila di sedili, dai bassi schienali, è posizionata più avanti e affianca un mobile a sportelli che sostiene il porta antifonario. In alto sono appese due antiche tele raffiguranti, a sinistra: " La Madonna del Rosario con San Domenico e Santa Caterina", a destra: "San Michele e l'Angelo Custode".
Nel transetto di sinistra che conduce alla Sacrestia, è visibile un pregevole Crocifisso in legno policromo, attribuibile al XVI secolo.
La Sacrestia occupa un vasto ambiente illuminato da due finestre, con la volta decorata dal Canova stesso nel 1888. La particolare austerità che caratterizza l'ambiente è conferito dalle grandi armadiate e "boiserie" in noce scura, che rivestono interamente le pareti. Questo arredo, pregevole opera di intaglio di metà settecento, venne acquistato usato intorno al 1835, dai frati di Sant'Agostino di Crescentino e poi opportunamente modificato per essere inserito in questo ambiente evidentemente più ridotto.
Il Battistero è ricavato nello spessore del muro della facciata e risulta piacevolmente racchiuso in un sacello, protetto da un cancelletto in ferro e illuminato da una finestra della facciata stessa. Il Fonte Battesimale, con il suo catino in rame, è posizionato sulla mensa di un piccolo altare con tabernacolo e decorazioni, finto marmo, in stucco policromo. In alto una cornice sempre in stucco racchiude la raffigurazione del "Battesimo di Gesù" sulle rive del Giordano, a firma di Enrico Canova.
Del Pulpito si hanno poche notizie e non si conosce il nome dello scultore che realizzò le belle colonnette tortili e gli elaborati capitelli. Il Canova nel 1888 lo restaurò, ripristinandone la decorazione e le dorature, mentre il crocifisso venne collocato nel 1862.
Prima di concludere la visita del monumento il visitatore, sollevando lo sguardo, potrà ammirare l'ultimo gioiello: il prezioso Organo, acquistato usato nel 1865, con la splendida cassa antica, dalla ditta Collino di Torino.
Source: Text taken from the work "ARAMENGO NELLA STORIA" of Beppe Moiso - Aramengo, 2012
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